Ho iniziato a dipingere quando il cabaret era diventato un genere per famiglie e mi sentivo meno libero di dire ciò che pensavo, mentre nella pittura potevo essere sincero fino in fondo con me stesso. Questo non vuol dire che io sia un grande pittore ma se c’è un luogo in cui io esprimo arbitrariamente e in modo diretto quello che mi passa per la testa, questo è la pittura.
Quando ero ragazzino mi piaceva disegnare battaglie, erano popolate di dozzine di soldatini e li pasticciavo su qualsiasi superficie: sui quaderni, sui dorsi dei libri di scuola, sul cartone di qualche imballaggio. Se chiudevo gli occhi vedevo quelle baruffe di cavalieri, io ero uno di loro e fissare la loro immagine sulla carta mi avvicinava in maniera più viva a quella emozione.
Quando ero ragazzino mi piaceva raccontare quello che mi passava per la testa, stupire gli altri con le cose più esagerate e divertenti.
Esibirmi su di un palco e stupire le persone con storie esilaranti e straordinarie è diventato il mio lavoro.
Non ho mai smesso di esprimere arbitrariamente quello che mi passa per la testa, vivere così nutre la mia anima.
Lo faccio sul palcoscenico di legno dei teatri e sulla tela dei quadri.
La stessa cosa detta o dipinta piace molto o per nulla, comunque vada io non posso fare a meno di esprimerla.
La serie di dipinti più importante è Battaglie d’Occidente, che narra i grandi scontri della storia del mondo occidentale mostrando la complessità della natura umana, anche primitiva, e celebrando forza, lealtà ed eroicità di un tempo antico.